venerdì 9 maggio 2014

INTERVISTA A LARA GIORCELLI

Salve lettori, come promesso, ecco l'intervista a Lara Giorcelli, editor della narrativa italiana presso la Sperling & Kupfer. Conosciamola meglio!


BIANCANEVE (B): Buongiorno Lara, ti ringrazio per aver accettato l'intervista e ti do il benvenuto sul mio blog. Tu ricopri il ruolo di editor della narrativa italiana presso la casa editrice Sperling & Kupfer. Qual è stato il tuo iter?
LARA GIORCELLI (LG): Grazie a te! Riguardo alla mia formazione, ho fatto studi umanistici (liceo classico e laurea in lettere). Non ho seguito un percorso formativo specialistico: ho avuto la fortuna sfacciata di iniziare a lavorare in ambito editoriale subito dopo la laurea.

B: Cosa ti affascina maggiormente del tuo mestiere?
LG: Occupandomi di narrativa italiana, il rapporto con l'autore, il lavoro a stretto contatto sono un aspetto che mi appaga molto. Sono sempre molto affascinata dalla capacità creativa delle persone, e il fatto di poter dare un contributo in questo processo mi dà grande soddisfazione. Spero di non risultare retorica: chi scrive desidera essere letto. Poter contribuire a realizzare questo desiderio è gratificante, anche se comporta una grossa responsabilità.

B: Lavorerai sicuramente con dei grossi nomi. Com'è lavorare con autori affermati? Si fanno guidare e consigliare o preferiscono seguire il loro istinto?
LG: Gli autori più esperti, nella maggior parte dei casi, hanno, oltre al talento, una grande professionalità, e questo significa anche una chiara visione dei ruoli. L'editor ha un compito ben preciso, che non è quello di sovrapporsi o prevaricare l'autore, bensì quello di aiutarlo a tirar fuori il meglio dal suo testo. La maieutica socratica è un bel modo per riassumere il concetto.

B: Com'è invece lavorare con esordienti?
LG: Di solito molto emozionante, perché all'entusiasmo dello scrittore che finalmente si vede pubblicato si somma quello dell'editor che in qualche modo l'ha scoperto. E' una bella sfida per entrambi, che comporta anche una grande responsabilità. Nel caso di un autore ancora sconosciuto, infatti, il primo libro è estremamente importante, a volte determinante.

B: In base a cosa scegli di pubblicare un romanzo? Quali sono invece le caratteristiche che ti fanno desiderare di bocciarne un altro?
LG: I criteri di valutazione sono diversi e possono cambiare a seconda delle strategie editoriali del momento. Suona abbastanza ovvio, ma per un editore come Sperling, che mira a un intrattenimento di buona qualità, una trama forte e ben strutturata e una buona scrittura sono fondamentali. Questi sono i requisiti minimi. Sicuramente entra in gioco anche il gusto personale, anche se deve essere severamente sorvegliato. Poi, diciamocelo, ogni editor è alla ricerca di quel libro speciale, quello che ti conquista dalle prime pagine e che poi, quasi magicamente, comincia a suscitare l'interesse dei lettori. Ma quasi mai è una condizione costruita a tavolino, e la maggior parte delle volte è persino imprevedibile.
Anche sulle bocciature influiscono svariati fattori: a volte sono difetti legati a un genere specifico (un thriller con ingenuità di trama, un femminile con personaggi insignificanti o poco empatici, uno storico dall'ambientazione sciatta...), altre volte si tratta di aspetti più generici: una trama banale, o troppo simile ad altri libri di successo, una scrittura troppo compiaciuta. Molti poi amano scrivere romanzi in forma di diario, magari prendendo spunto dalla propria esperienza: non è necessario che tu sia Agassi o Limonov per avere una vita interessante, però questo non vuol dire che la gente voglia leggerne.

B: Ricordi qual è stato il primo libro che hai letto? E quale quello che ti ha influenzata di più?
LG: Il primo libro che ho letto credo sia stato Piccole donne. Da bambina/ragazzina non ero una gran lettrice, ahimè, e mio papà mi aveva promesso una lauta ricompensa se avessi letto per intero Dalla terra alla luna di Jules Verne. Niente, ero insensibile anche alle tangenti. Poi ho scoperto le sorelle March e mi sono riscattata.
Il libro che mi ha influenzata di più direi che è arrivato piuttosto tardi. Si è trattato di Q di Luther Blissett. Forse perché, banalmente, da lì in avanti ho capito cosa mi piace davvero leggere. E poi, va bene, ho amato molto Madame Bovary. Confesso che le storie di amori infelici hanno sempre una certa presa su di me.

B: Da anni il mondo culturale italiano non fa che lamentarsi del fatto che nel nostro Paese si legga poco e spesso la colpa di ciò viene data proprio alle grandi case editrici. Sono loro infatti che controllano quasi tutto il mercato editoriale, che decidono il prezzo dei libri e promuovono gli autori. Cosa ne pensi? In ogni caso quali provvedimenti stanno prendendo le case editrici per risolvere o quanto meno arginare il problema?
LG: C'è una parte di verità in questa analisi. Il mercato librario è sovraccarico, l'offerta è sproporzionata alla domanda e di questo le grandi case editrici sono le principali (ma non uniche) responsabili. Ridurre il numero di novità in uscita sarebbe sicuramente salutare, e ridurrebbe anche il rischio per i lettori di "perdersi" dei libri che meriterebbero attenzione. Credo però che la crisi della lettura sia l'effetto di molti fattori, non ultimo l'alternativa all'intrattenimento che offrono la rete (con i social network, sul gradino più alto del podio), gli smartphone e tutte le loro infinite applicazioni. Anche la tv, con le serie che negli ultimi anni hanno raggiunti livelli qualitativi eccellenti (parlo soprattutto di quelle straniere), sicuramente sottrae tempo ai libri, più di quanto abbia mai fatto il cinema.
In merito ai provvedimenti, di certo c'è da parte degli editori una grande attenzione alle esigenze del pubblico. In un momento di crisi, questo non significa svendere il prodotto, ma offrire il più possibile quello che il lettore cerca. Il migliore dei mondi possibile è quando le esigenze si riesce persino ad anticiparle.

B: Quale consiglio daresti a un aspirante scrittore che cerca di farsi notare dalla Sperling & Kupfer?
LG: So di non dire niente di eccezionale: dovrebbe partorire una storia che abbia elementi di originalità, che non sia l'ennesima replica di cose già viste. Un libro, anche se non è alta letteratura, deve poter regalare qualcosa a chi lo legge, fosse anche solo una frase che ti si appiccica alla memoria perché è andata a colpire nel segno.

2 commenti:

  1. Che idea magnifica, l'intervista a una editor della Sperling. è stata interessantissima. Per la crisi della lettura io penso che le big (soprattutto) debbano fermare o almeno ridurre le pubblicazioni di robaccia trita e ritrita o di libri da quattro soldi ma scritti da gente famosa. Ciò rende quasi invisibile pubblicazioni meritevoli e io stessa, grande lettrice, mi sono stancata di entrare nelle librerie e vedere "Io sono Malala", ad esempio, accanto a 50 sfumature. Da una parte la vera sofferenza di una donna e dall'altra una sciocca storia dove la protagonista ama farsi sottomettere. L'editoria italiana dovrebbe diventare più seria.

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