giovedì 12 giugno 2014

INTERVISTA A SIMONE LAUDIERO

Salve lettori, come promesso, ecco qui l'intervista a Simone Laudiero, autore televisivo e scrittore presso la Sperling & Kupfer. Classe 1979, è nato - per sbaglio - a Milano, ma è in realtà napoletano. Ha studiato a Bologna e a Torino. Attualmente lavora a Milano ma vive a Roma.
Per conoscerlo meglio, leggete l'intervista!



BIANCANEVE (B): Gentilissimo Dottor Laudiero, la ringrazio per aver accettato l’intervista e le do il benvenuto sul mio blog. Da autore comico televisivo a scrittore di un romanzo d’amore: cosa l’ha spinta a scrivere questo libro e quanto c’è di autobiografico in Roberto?

SIMONE LAUDIERO (SL): Grazie dell'ospitalità. C'è molto di autobiografico e sono proprio le mie disavventure sentimentali che mi hanno spinto a scrivere questo romanzo. Volevo trovare il senso in alcune separazioni particolarmente "strane" che ho attraversato, e ne è venuta fuori una gran mole di appunti. Dagli appunti, una volta trovata una trama che legasse le varie storie, è nato il libro.
B: In Si lasciano tutti la storia d’amore si mischia a una sorta di “thriller familiare”. Era sua intenzione creare questa suspense da “giallo”?
SL: Era esattamente la mia intenzione: la trama "investigativa" di Si lasciano tutti ricalca con una certa fedeltà quella del noir anni '40. In questo caso però l'investigatore è il protagonista, Roberto, e chi lo assume è la sua ragazza, Sandra. Ma per accontentarla, proprio come in un noir, Roberto porterà alla luce delle verità inaspettate sulla famiglia di Sandra e si troverà di fronte al dilemma: far finta di niente o provare a far trionfare la giustizia?
B: Ha ambientato la sua storia a Napoli, città a cui è molto legato, pur non avendoci vissuto a lungo. Perché questa scelta? Cos’ha Napoli di più rispetto a una città con cui lei ha più interazioni, come Roma o Milano?
SL: In realtà ho vissuto a Napoli fino a 20 anni, quindi resta la città che conosco meglio (sono nato a Milano ma i miei genitori vivevano a Napoli e lì mi hanno cresciuto). Da una parte mi piace ambientare i miei romanzi a Napoli perché è una città ricchissima di spunti e di materiale narrativo, una città dove dietro ogni angolo si nasconde un personaggio, una storia, una situazione inaspettata. Dall'altra credo che Napoli sia molto raccontata appoggiandosi ai temi della criminalità organizzata, del degrado, dei rifiuti, ma ovviamente non è solo questo. È una città di tre milioni di abitanti e la stragrande maggioranza di essi conduce delle vite (relativamente) normali - vale la pena che qualcuno racconti anche queste vite.
B: Non crede che per l’età che hanno – oltre i trent'anni – i suoi personaggi si comportino un po’ troppo come ventenni? Skype, feste, motorini, studentesse da abbordare…
SL: I miei personaggi sono ovviamente personaggi "irrisolti". Non hanno relazioni stabili, non hanno figli, il protagonista addirittura vive ancora con la famiglia – quindi è normale che appaiano più giovani della loro età. Detto questo, Skype, feste e motorini sono cose che si possono fare a qualsiasi età (dopo i 14, ovviamente). E anche che un professore universitario abbordi le studentesse purtroppo (e sottolineo purtroppo) succede a tutte le età.
B: Ho notato che usa un linguaggio molto “popolare”, mischiando espressioni dialettali e gergali. Una scelta, la sua, sicuramente coraggiosa. Quanto ha inciso il suo lavoro di autore televisivo in questo?
SL: In verità molto poco. In televisione si parla una lingua artefatta, un italiano "ripulito" che nessuno di noi parla davvero durante la sua vita - e spesso questo italiano viene utilizzato anche nei libri. Invece credo che sia molto difficile trasmettere dei sentimenti autentici se le persone non parlano in modo autentico, e proprio per questo ho scelto di mettere in bocca ai miei personaggi costruzioni sintattiche e parole del napoletano. Detto questo, io non credo che siano più di tanto popolari o gergali (a parte un paio di personaggi): è semplicemente una delle tante lingue che si parlano davvero.
B: In cosa consiste esattamente il lavoro di autore televisivo?
SL: Tutto ciò che si vede in televisione è in una certa misura stabilito e preparato in anticipo. L'autore è colui che si occupa di stabilire e preparare: può scrivere la sceneggiatura di una fiction, delineare l'intervista all'ospite di un varietà, decidere come raccontare la storia di un personaggio di un reality. Ogni cosa è frutto di un ragionamento "autorale".
B: Lei è uno degli autori di Camera Cafè: cosa può raccontarci di questa esperienza?
SL: È stata un'esperienza molto importante e formativa. Camera Cafè è composto di episodi molto brevi (da 4 a 7 minuti, che poi vengono accorpati in puntate) ma ognuno di questi episodi brevi racconta una storia completa. Per far stare una storia in così poco tempo (e far anche ridere!) è necessaria una disciplina enorme, in particolare quando si va a selezionare l'indispensabile e si scarta il resto. Per questo, anche se si tratta di un tipo di scrittura molto diverso, lavorare a Camera è stato molto importante anche per i miei romanzi.
B: Quali sono i suoi progetti per il futuro? Ci sarà un altro romanzo? Può anticiparci qualcosa?
SL: Proprio in questi giorni sto iniziando a prendere appunti per il prossimo. Per ora ci sono troppe cose in forse per poter dare informazioni precise, ma so che ci saranno più personaggio, più Napoli e più amore J