domenica 17 agosto 2014

VI PREGO, LASCIATEMI ODIARE...IL LIBRO! OPPURE NO?

Salve gente, sono tornata per il consueto appuntamento settimanale con la critica. Oggi intendo recensire uno dei casi editoriali degli ultimi anni, Ti prego lasciati odiare di Anna Premoli, edito dalla Newton Compton Editori. Il libro, una chick lit ambientata in Inghilterra, è stato pubblicato nel 2013 e ha vinto il Premio Bancarella.
Mi è capitato recentemente tra le mani e - ovviamente - l'ho letto d'un fiato. Devo ammettere che capisco perché ha avuto tutto questo successo. Ma è davvero un buon libro?


TRAMA:
Jennifer Percy è un ottimo avvocato fiscalista. Ha solo una pecca nel suo curriculum e la pecca è lui, Ian St. John, conte di Langley, suo collega, due anni più giovane di lei. L'ostilità tra i due è istantanea: infatti entrambi sono consapevoli di aver trovato nell'altro un rivale in quanto a competenza e professionalità. Inoltre hanno metodi lavorativi agli antipodi tra loro.
Dopo aver collaborato per qualche tempo, i loro contrasti e le loro liti sono diventati tanto leggendari quanto insostenibili. Così i loro capi hanno fatto in modo che non seguissero più gli stessi clienti.
Ma Lord Charles Beverly non è dello stesso parere. Pomposo pallone gonfiato, richiede la consulenza di entrambi gli avvocati, in quanto è noto che nell'ambiente siano loro i migliori.
Così Ian e Jenny sono costretti a frequentarsi. Riusciranno a trovare un punto d'incontro?

RECENSIONE:
Se Jennifer ha un'unica pecca nel suo curriculum, questo romanzo ne ha diverse e sono la storia e i protagonisti. Per quanto non piatti - come spesso capita - risultano piuttosto stereotipati, quasi una copia moderna di Elizabeth e Darcy di Orgoglio e Pregiudizio. Infatti Jenny, come Lizzy, è testarda e ironica, mentre Ian, come Darcy, è in apparenza insopportabilmente arrogante, ma nasconde un animo gentile e romantico.
Anche la storia ricorda un po' il romanzo di Jane Austen, con naturalmente tutte le varianti dovute al cambiamento di epoca.
Più interessanti sono gli altri personaggi, ben caratterizzati, anche quelli puramente funzionali alla storia. I loro caratteri e il loro aspetto sono tratteggiati in maniera sapiente, in modo che quasi ci si possa aspettare che "escano" dal libro per farci compagnia.
Interessante, poi, è il modo in cui questa storia è scritta. Lo stile è fluido, accattivante e preciso. Insomma, Anna Premoli sa scrivere e su questo nessuno può avere dubbi.
L'unica mia perplessità riguarda la storia appunto, un po' troppo scontata in alcuni punti. E' pur vero che si tratta di una chick lit (e si sa, le chick lit trattano storie abbastanza banali, perché puntano più sui personaggi e sull'ironia che sulla trama), tuttavia mi sarei aspettata un po' di più, vista la bravura dell'autrice.
Ci troviamo così, invece, di fronte alla solita storia, in cui loro due non si sopportano ma in realtà sono sempre stati attratti l'uno dall'altra, in cui le continue discussioni nascondono l'attrazione, in cui lui è ricchissimo (oltre a essere un nobile) e lei una mezza hippy (o meglio, lo sono i genitori).
E' un libro da odiare, quindi, per ricalcare il titolo? Sicuramente no. E' un libro da ombrellone, da leggere in spiaggia in un paio d'ore. Vi farà sicuramente sognare - se, come me, siete delle romantiche, cresciute a pane e Jane Austen - ma difficilmente vi rimarrà qualcosa di questo romanzo dopo. Si legge facilmente, ma si dimentica altrettanto velocemente.
Spero che gli altri libri di questa autrice siano migliori e facciano risaltare il suo talento.
Per il momento è tutto.

Biancaneve

lunedì 11 agosto 2014

INTERVISTA A GIANNI ANTONIO PALUMBO

Salve, lettori, come promesso, ecco l'intervista a Gianni Antonio Palumbo, eclettico autore de Il segreto di Chelidonia. Conosciamolo meglio insieme.




BIANCANEVE (B): Ciao Gianni, grazie per avermi concesso quest’intervista e benvenuto nel mio blog. Tu hai esordito giovanissimo, ma sei stato risucchiato in un’editoria a pagamento e poi minore che ti ha, in qualche modo, tarpato le ali. Ci vuoi raccontare la tua esperienza?
GIANNI ANTONIO PALUMBO (GAP): Ho esordito a 19 anni con il romanzo I fantasmi di un poeta, edito con la Meridiana. Poi ho pubblicato altri due romanzi con Palomar, una silloge di poesie con Schena e ora questa raccolta di novelle con la Secop (oltre a numerose partecipazioni ad antologie). Non rinnego nulla; oggi, alla luce della maggiore esperienza, forse compirei scelte diverse, ma sono soddisfatto dei riconoscimenti ottenuti, anche se non mi hanno garantito la fama. Con il romanzo Krankreich. Tramonto di un sogno (Palomar), ho conseguito il premio "Valle dei Trulli" per la "Letteratura giovanile" (noto anche come "Valle d'Itria giovani") e la mia produzione è recensita nella letteratura di Catalano, in Les barisiens di Pegorari e sulla rivista "La Vallisa" (dal prof. de Santis). Per Il segreto di Chelidonia (Secop), ho volutamente scelto di non avvalermi dell'editoria a pagamento e non me ne sono pentito. Spesso, anche se non tutti i casi sono identici, chi pubblica esigendo l'acquisto di un certo numero di copie, non s'impegna nella promozione delle opere. Un momento importante è stato il mio avvicinamento al gruppo della "Vallisa", che mi ha indotto ad aprirmi a nuovi percorsi di scrittura.
B: La tua produzione è vastissima ed eterogenea. Passi dal teatro, al racconto, al romanzo, alla poesia. E ti cimenti in vari generi letterari, senza fossilizzarti su uno in particolare. Come mai questa scelta coraggiosa?
GAP: Più che di una scelta, si tratta della tendenza a sperimentare le forme espressive che, a seconda dei momenti del mio percorso, mi sembrano più adeguate. Sicuramente il teatro e la narrativa sono i generi che ritengo più nelle mie corde. La scrittura poetica è legata, invece, a periodi particolari e, per usare un'espressione logora, nasce sotto Saturno.
B: Anche il tuo stile è particolare. I riferimenti letterari, il linguaggio colto… In un mondo letterario – quello italiano – dominato da autori come Fabio Volo e Federico Moccia, commerciali e privi di talento, cosa ti spinge a scrivere in questo modo?
GAP: La scrittura è soprattutto pienezza del linguaggio. Per questo, la mia è una ricerca, direi piuttosto metodica, sulla parola. Mi piace avvalermi della pratica che Petrarca definiva "mellificazione". Recupero la tradizione, per farne qualcosa di diverso. Di mio... Questo sfugge alle leggi di mercato, ma francamente non so rinunciare al mio modo di scrivere.
B: Passiamo a Il segreto di Chelidoniae altre novelle. Mi ha colpito nel titolo la parola novelle, termine ormai desueto. Infatti, oggi utilizziamo questo termine solo per definire la produzione di certi autori, come ad esempio Pirandello. È un genere, quello della novella, che possiamo definire ormai scomparso, sostituito dal racconto. Perché tu invece hai voluto riesumarlo?
GAP: È proprio la volontà di recuperare una "forma" consacrata dalla tradizione e ormai non più di moda, per cercare di cogliere cosa ancora possa dirci e se possa "funzionare". Del resto, a dispetto del titolo, non tutti i testi di Chelidonia sono classificabili come novelle. Proprio il racconto eponimo è, direi, un romanzo breve.
B: Il segreto di Chelidonia, il racconto eponimo, è un misto tra un giallo e un fantasy dal sapore medievale. Com’è nata questa novella? Cosa significa per te?
GAP: È un testo che ha conosciuto una  gestazione di anni. È legato alle mie ricerche sull'Umanesimo-Rinascimento. Mi sono occupato della Villa di della Porta, mago-scienziato di Vico Equense, e ne ho lambito la Magia naturale. La notizia dell'esistenza di un uccello dai poteri terapeutici, il caradrio, mi ha portato a pormi una domanda: "Cosa accadrebbe, se nel 2011 (ho ricostruito gli eventi di quei giorni attraverso la rete, persino con riferimenti alla programmazione televisiva delle date in questione), un docente precario, forse un po' folle, e altri uomini in preda alla disperazione si mettessero alla ricerca del caradrio"? Così nasce Il segreto di Chelidonia.
B: Michelangelo Poli è un professore disoccupato che ha pressappoco la tua età. Quanto di te c’è in questo personaggio?
GAP: Come ogni personaggio che si rispetti reca in sé tratti del vissuto del suo autore ed è, allo stesso tempo, altro. Michelangelo si occupa delle mie stesse ricerche, ha i miei gusti, vive nella mia città, sperimenta il "pendolarismo" tra scuola e Università (per fortuna, almeno nella scuola, dovrei aver superato la fase del precariato), ama rapportarsi ad adolescenti scombinati. Eppure è altro da me. Per esempio, ha un naso alla Adrien Brody ed è un uomo piuttosto infedele.
B: Tra le altre novelle, mi ha colpito in particolare Hotel Perseo. A metà tra racconto mitologico e horror, ha quel senso del macabro che mi ricorda Poe. Cosa puoi dirmi in proposito?
GAP: Hotel Perseo è un testo strano, difficilmente definibile. Racchiude alcune delle mie passioni: Firenze (insieme a Ferrara la mia città ideale), i madrigali di Michelangelo, l'arte di Caravaggio, l'horror... Io adoro Poe e forse qualcosa di questa mia passione si riflette in questo scritto.
B: E le altre novelle? Non ti chiedo di raccontarmi di ognuna, perché ci vorrebbe troppo tempo, temo. Vuoi raccontarmi qualcosa di qualcuna in particolare?
GAP: Beh, L'ospite dell'alba, pur nella sua brevità, mi è costata mesi di ricerche, per l'ambientazione di questa storia onirica nell'antica Roma. Alcesti 2013, invece, ci catapulta nella mia Molfetta, tra anziane zie un po' avvelenatrici alla Kesselring (o alla Christie) e giovanotti annoiati dai nomi pomposi. Sono molto legato a Mena, la storia di una giovane pazza che si rintana in una biblioteca e lì vede appassire il suo sogno d'amore, e alla Sposa del tiglio, una meditazione sulla memoria negata dall'Alzheimer... Nella Pleiade storna, poi, una fiaba moderna, si riflette il mio amore di padre.
B: Che consiglio daresti a un’esordiente?
GAP: Leggere molto, gli autori classici come i contemporanei. Non lasciarsi incantare dalle mode e dalle scritture "seriali", che proliferano anche ad 'alti' livelli. Cercare uno stile proprio, riconoscibile tra mille. Mi piacerebbe dedicargli queste parole di Emily Dickinson (con cui Angela De Leo ha aperto la prefazione al mio libro): "Sii fedele, ragazzo di Atene, / a te stesso e al mistero./ Tutto il resto/ è un falso giuramento".

venerdì 8 agosto 2014

IL CLUB VESUVIO

Salve lettori, pubblico oggi la mia recensione settimanale perché domenica scorsa ho avuto problemi di connessione (purtroppo). Ho scelto per voi un libro che mi sta particolarmente a cuore, in quanto adoro lo scrittore. Probabilmente il nome Mark Gatiss non vi dirà niente, a meno che non siate fanatiche fan della serie tv della BBC Sherlock, come la sottoscritta.
Mark Gatiss, infatti, non è solo uno scrittore, ma anche un talentuoso attore (tra gli altri ruoli, interpreta Mycroft Holmes, il fratello del celebre investigatore inventato dalla penna di Sir Arthur Conan Doyle, nda) e un bravissimo sceneggiatore (ha sceneggiato diversi episodi di Sherlock, di Doctor Who, di Poirot, ecc.).
Insomma, si può dire che qualsiasi cosa faccia quest'uomo, è ben riuscita.
Vi presento oggi il suo primo romanzo originale, Il Club Vesuvio, unico suo romanzo tradotto in Italia e purtroppo fuori produzione (io sono riuscita ad averlo grazie a un'amica). Il libro è stato pubblicato nel 2004 in Inghilterra, ed è stato edito in Italia nel 2005 (ed. Kowalski).
Vediamolo insieme.


TRAMA:
Londra, inizi '900. Lucifer Box è, all'apparenza, un innocuo pittore neanche troppo bravo ma, in realtà, questa è solo una copertura. L'uomo, infatti, è un agente segreto al servizio di Sua Maestà. Ha appena portato a termine un incarico, quando il suo superiore gli chiede di indagare sulla morte, a pochi giorni di distanza e in circostanze sospette, di due vulcanologi che, da giovani, avevano lavorato assieme.
L'avventura porterà Lucifer in Italia, più precisamente a Napoli, dove, tra colpi di scena, inseguimenti e attentati, il giovane dandy si imbatterà in una pericolosa organizzazione criminale. Ma non è questo l'unico pericolo che incombe su di lui...

RECENSIONE:
E' un libro senza dubbio interessante, ma fuori dal comune (sarà questo il motivo per cui non ha avuto molto successo nel nostro Paese?). La storia è raccontata in prima persona da Lucifer Box, personaggio che fin da subito si presenta come molto complesso. E' arrogante, a tratti decisamente infantile, cinico e spietato, rubacuori, molto intelligente e raffinato. E', in altre parole, un misto tra Sherlock Holmes, James Bond e Dorian Gray. E' uno di quei personaggi che o si ama immediatamente (e io l'ho amato fin dal primo momento) o si detesta cordialmente e non c'è nulla che potrà farvi cambiare idea.
Personaggio a parte, la storia è assolutamente ben scritta e ben costruita. Il linguaggio è insolito, si potrebbe definirlo sperimentale, ma in ogni caso coerente con il personaggio e il periodo in cui è ambientata la storia. La cosa che ho apprezzato di più è che Gatiss, pur essendo uno sceneggiatore, non scrive come tale. Non è una sceneggiatura travestita da romanzo, ma un romanzo vero e proprio.
Gatiss conosce bene quel peridio storico e conosce bene Oscar Wilde. La scena con cui si apre il romanzo non può non far pensare, di riflesso, alla scena iniziale de Il ritratto di Dorian Gray, naturalmente debitamente trasformata e rivisitata in chiave ironica.
Il romanzo è unico nel suo genere e andrebbe letto e riletto per poter cogliere tutte le diverse sfumature: i riferimenti colti, spesso abilmente nascosti, la costruzione dei personaggi (di tutti i personaggi, anche delle comparse), le realistiche descrizioni del paesaggio e della decadenza della società...
Insomma, il libro di Gatiss merita attenzione. E mi aspetto che, da un momento all'altro, ne traggano il film.
Per il momento è tutto.

Biancaneve

mercoledì 6 agosto 2014

10 LIBRI CON CUI CRESCERE

Salve gente, inauguro questo nuovo spazio, in cui mi propongo di dare consigli di lettura. Mi capita spesso di sentire conversazioni tra lettori - o pseudo tali - in cui si parla di un libro, del perché bisognerebbe leggerlo, ecc. Molte volte amici mi hanno chiesto di prestar loro un libro o di segnalare qualcosa che valga la pena leggere. In una certa misura lo faccio già con le recensioni. Le mie critiche sono già consigli di lettura, perché in fondo vi segnalo quali romanzi io credo valga la pena leggere e quali potete tranquillamente evitare. Naturalmente - l'ho già detto più di volta - le critiche sono personali e, nonostante abbiano alcuni criteri obiettivi (ad es., la grammatica: se il libro è sgrammaticato, non ci sono gusti personali che tengano), tuttavia mi rendo conto che un libro che io trovo scontato, un altro può trovarlo un capolavoro. Ad es. io non amo le storie scritte in maniera troppo sdolcinata, ma tanta gente le adora.
Inoltre le mie critiche riguardano esclusivamente romanzi contemporanei. Per mia scelta, infatti, ho deciso di evitare di recensire i grandi capolavori dei secoli passati, sia perché credo che la critica debba avere una possibilità di replica (cosa impossibile nel caso di scrittori scomparsi), sia perché è sempre difficile cimentarsi in una critica di romanzi molto amati o molto odiati (a seconda dei casi).
Per cui questa rubrica non si occuperà di recensioni. Vi segnalerò, piuttosto, per più o meno ogni genere letterario, dieci libri di autori contemporanei o no, che secondo la mia modesta opinione bisognerebbe assolutamente aver letto, almeno una volta nella vita.
Quest'oggi comincerò con i classici per ragazzi. Inutile dire che i libri che vi segnalerò or ora sono quelli con cui sono cresciuta.



1. Piccole donne e Piccole donne crescono di Louisa May Alcott
Da sempre lo considero un unico romanzo. E' il mio libro preferito, e sono particolarmente legata a esso perché è anche il primo che io abbia letto. E' considerato un vero e proprio classico della letteratura per l'infanzia, anche se viene considerato - a torto - un libro per ragazze.
Perché leggerlo? Parla della vita quotidiana di quattro sorelle, delle loro paure, delle loro speranze, dei loro "castelli in aria" e di quanto la vita possa cambiare i propri fanciulleschi desideri. Io credo che questi due romanzi raccontino una storia che può essere quella di chiunque (naturalmente, debitamente trasportata nel proprio periodo storico).
2. Il piccolo lord di Frances Burnett
Un romanzo delicato e appassionante, un pittoresco squarcio della vita inglese e americana di fine '800. Una storia di amicizia tra nonno e nipote, in cui i pregiudizi vengono superati, i difetti addolciti dall'amore, le etichette e le caste spazzate via dalla collaborazione.
E' la storia di un bambino americano che scopre di essere il nipote e unico erede di un vecchio e scorbutico lord inglese. Così è costretto ad abbandonare i suoi amici, un droghiere e un lustrascarpe, e a trasferirsi in Inghilterra, dove non può vivere con sua madre perché il nonno non la sopporta. Ma il bambino, con la sua innocenza, la sua innata bontà e la sua grazia riesce pian piano a conquistare il vecchio e tutti coloro che lo conoscono.
3. Pollyanna di Eleanor Hodgman Porter
Chi non ha mai letto questo libro o quantomeno visto una delle sue numerose trasposizioni cinematografiche? Chi non ha mai preso una "dose di Pollyanna"? La bambina dall'ottimismo ostinato che, pur non avendo nulla (ha perso entrambi i genitori, non ha un soldo e viene accolta dalla zia più per senso del dovere che per affetto), è sempre contenta, grazie al "gioco della felicità", insegnatole dal padre.
Forse anche noi dovremmo fare questo stesso gioco, visto quanto spesso ci dimentichiamo di tutte le fortune che abbiamo e che diamo per scontate, lamentandoci piuttosto per quello che non abbiamo.
4. Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare di Luis Sepulveda
E' una breve storia incentrata (come dice il titolo) sull'amicizia tra un gatto e una gabbianella. Un'amicizia che potremmo definire strana, dal momento che i gatti e i volatili per antonomasia non vanno molto d'accordo (basti pensare alle celeberrime gag di Gatto Silvestro e Titti). Un libro che insegna che si può andare oltre le apparenze, oltre le differenze di specie, di razza, persino oltre il proprio primitivo istinto.
Una storia commuovente e delicata, che tutti dovrebbero aver letto.
5. Incompreso di Florence Montgomery
Un libro intenso e struggente, che personalmente non sono mai riuscita a rileggere (al contrario degli altri che ho praticamente consumato). Narra la storia di Humphrey, orfano di madre, monello spericolato, che vive col fratellino, dolce e delicato, Miles, e col padre, Sir Everard. Quest'ultimo è spesso assente per lavoro, e quando è a casa non fa che rimproverare  Humphrey, disobbediente e impulsivo. In realtà al ragazzo manca la madre ed è questo il motivo del suo comportamento. Ma Sir Everard lo capirà solo quando sarà troppo tardi...
6. Oliver Twist di Charles Dickens
Ne avrete tutti quantomeno sentito parlare. E' la storia di Oliver, un povero orfanello, che affronta ogni genere di disavventure prima dell'inevitabile lieto fine. Capolavoro indiscusso, è molto adatto ai bambini. Considerato, spesso, un romanzo di formazione rovesciato, analizza i mali della società inglese ottocentesca. Ma quest'analisi la lasciamo agli adulti.
7. Harry Potter di J.K. Rowling
Diventato ormai un classico della letteratura per l'infanzia, già più di una generazione è cresciuta con questa saga - o ci sta crescendo proprio ora. Non mi dilungherò nel parlarvi di HP (chi scrive è infatti una Potterhead convinta), vi basti sapere che ha fatto scoprire l'amore per la lettura a migliaia e migliaia di bambini in tutto il mondo. Non è già questo un motivo per leggerlo?
E se non vi basta, pensate che ci sono maghi, cappelli parlanti, castelli, scope volanti, incantesimi, duelli... Devo davvero continuare?
8. Lo Hobbit di J.R.R. Tolkien
Questo libro e il suo protagonista furono talmente amati quando uscirono da far sì che gli editori di Tolkien gli fecero pressione affinché scrivesse altre storie su questi hobbit. Lo scrittore, invece, voleva comporre un poema. Il risultato? Il Signore degli Anelli, ovviamente!
Lo Hobbit altro non è che il prequel del capolavoro di J.R.R. Tolkien. Ma ha il vantaggio di essere una storia conclusa, a sé stante, che può essere letta senza impegno dai bambini.
Draghi cattivi, Troll, creature per metà orso e per metà uomini, Orchi la fanno qui da padrone. Il lettore riuscirà a essere coraggioso quanto lo hobbit Bilbo e a sconfiggere il Drago Smaug?
9. Clorofilla dal cielo blu di Bianca Pitzorno
In realtà io consiglierei tutti i romanzi di questa autrice nostrana. Questo romanzo mi è rimasto nel cuore perché mi è stato regalato dalle mie maestre alla fine della scuola elementare. La storia è spiritosa, ma fa riflettere, in quanto mira a sensibilizzare i lettori riguardo i problemi legati all'ambiente.
Aiuteremo l'extraterreste Clorofilla a tornare a casa?
10. Le avventure di Itamar di David Grossman
Questi racconti nascono dal genio. Sono storie brevi che parlano della scoperta del mondo ad opera di questo bambino così pieno di fantasia, una fantasia che riesce a far avverare. No, Itamar non ha poteri magici, non è un Harry Potter ante litteram, è soltanto un bambino che vuole imparare a vivere, ad affrontare le proprie paure. Bellissimo il rapporto di Itamar con suo padre, tutt'altro che assente.

Naturalmente tutti questi libri - e tanti altri che non ho qui citato - possono essere letti anche dagli adulti. Forse gli adulti avranno un approccio più disincantato, ma questo non significa che non possano amarli. I libri, e questo è risaputo, presentano sempre tante sfumature e, dentro una pura e semplice fiaba per bambini, possono nascondersi significati che solo un adulto può cogliere appieno.
Per il momento è tutto.

Biancaneve

martedì 5 agosto 2014

DOPPIO CIECO

Buongiorno cari lettori, oggi torno con l'angolo emergenti per presentarvi Doppio cieco di Chiara Abatantuono, ventitreenne studentessa barese di psicologia. Questo è il suo libro d'esordio. Vediamolo assieme.


TRAMA:
Treviso 1993: Imma ha trent'anni, un alienante lavoro come cassiera di supermercato, un gatto obeso, una sorella ex tossicodipendente di nome Anna e un amore asfissiante con Dan.
Roma 2012: Chris ha quarantadue anni, una madre famosa per i suoi film porno, una ex fidanzata bulimica di nome Ester da cui non riesce a dividersi e varie paranoie.
Due vite diverse e distanti. Cosa hanno in comune? All'apparenza nulla. All'apparenza...

RECENSIONE:
Doppio cieco non è un romanzo comune. Ironico, forte e a tratti allucinato e allucinante, descrive con lucida e precisa determinazione la condizione umana di due personaggi non ordinari, due personaggi che vivono al limite della follia. Chris è tormentato dai ricordi, in una totale astrazione dalla realtà, in una povertà di ideali, in una confusione psicofisica. Imma è sveglia, ma disordinata, confusionaria, sregolata.
Chiara Abatantuono ci racconta le loro storie con palese disincanto, utilizzando un linguaggio colorito, a tratti visionario, ma mai volgare. Un linguaggio che ben si addice alla storia che narra e che ne fa parte.
Il romanzo, pur nella sua brevità, è completo e compiuto e affronta temi molto delicati, come la morte, l'abbandono, la pazzia, la bulimia... Il tutto è affrontato con perizia medica, non a caso l'autrice - come ho detto sopra - studia psicologia. Ed è la psicologia a farla da padrone in questa storia, come si può evincere già dal titolo: "un esperimento in cieco o in doppio cieco, infatti, è un modo per definire un esperimento scientifico dove viene impedito ad alcune persone coinvolte di conoscere informazioni che potrebbero portare a pregiudizi consci o inconsci, così da invalidarne i risultati" (da Wikipedia).
Ed ecco spiegata la totale estraneità - almeno iniziale - tra i due protagonisti, le cui storie sembrano completamente distinte, senza la benché minima traccia di un collegamento. Diversa è la città in cui vivono, diverso è il periodo in cui operano, diversa è la loro storia. Eppure, i loro destini sono indissolubilmente legati, in un modo che, fino all'ultima pagina, il lettore non riesce a immaginare.
Se vi aspettate una banale storia d'amore, resterete delusi. No, i due protagonisti non si conosco e continueranno a non conoscersi. Non si innamoreranno e vivranno felici e contenti. Se volete questo, guardate il film La casa sul lago del tempo e non sprecate il vostro tempo a leggere questo libro.
Questo libro non è da leggere per "passare il tempo". In quel caso, leggete Moccia o Fabio Volo. Questo è un libro complicato, che va letto più e più volte per capirlo completamente e per cogliere tutte le infinite sfumature che raccoglie dentro di sé.
Doppio cieco non è un libro per tutti. E' un libro che o si ama o si odia. Io l'ho amato. E voi?
Per il momento è tutto.

Biancaneve