domenica 25 maggio 2014

"LASCIAMOCI" "PERCHE'?" "PERCHE' SI LASCIANO TUTTI!"

Salve lettori, torno oggi con la recensione al romanzo d'esordio di Simone Laudiero, apprezzato autore televisivo. Il libro, una commedia cinico - romantica, il cui titolo provocatorio è Si lasciano tutti, mi è stato segnalato qualche settimana fa. La trama mi ha molto incuriosita e così l'ho letto. Vi posto qui il mio parere.


TRAMA:
Roberto ha trent'anni, un imprecisato lavoro di segreteria e la faccia di chi si è appena lasciato con la fidanzata. Eppure, lui e Sandra stanno ancora insieme, anzi vogliono andare a convivere. Ma i loro progetti vengono ostacolati dai nonni della ragazza, ultraottantenni che improvvisamente - e inspiegabilmente - decidono di divorziare. Di per sé la cosa non sarebbe un problema, specie per Roberto, se non fosse che la casa dove vive Sandra e dove lui vuole trasferirsi è della nonna di lei, che ha deciso di tornare ad abitarla, sfrattando la nipote.
Inizia così una vera e propria "caccia all'uomo" per cercare di scoprire i motivi di questa separazione, "caccia" imbastita da Roberto che non si rassegna a perdere la casa, come se da questa dipendesse la sua intera relazione con Sandra.
Sullo sfondo, gli amici di sempre di Roberto: Anna, Minerva e Tommaso, che un po' lo aiutano e un po' lo incitano a lasciar perdere tutto e a trovarsi un altro posto.
Riuscirà Roberto a scoprire la verità? E sarà davvero Sandra quella giusta?

RECENSIONE:
Divertente, ironico, scanzonato sono i primi aggettivi che associo a questo romanzo dalla storia veramente originale, che si tinge di "giallo" in un'avvincente susseguirsi di incredibili (dis)avventure. Il colpo di genio è, infatti, proprio nella storia dei due nonni ultraottantenni che, "impazziti", decidono di divorziare. Ovviamente, è tutto premeditato e calcolato dall'autore, che calibra bene l'ossessione di Roberto (scoprire i motivi di questo gesto) con le storie parallele dell'uomo e degli amici storici di lui.
Ottimi sono anche i continui flashback di Roberto con le sue ex. Laudiero ha scelto di raccontare, più che le varie storie del protagonista, proprio il momento in cui queste finiscono: gli addii. Inseriti nei momenti più opportuni - di solito quando sta per succedere qualcosa di realmente interessante - ci permettono di capire meglio la psicologia di questo "bambinone" (almeno così mi sembra appaia Roberto), rendendoci più chiara la situazione tra lui e Sandra.
I personaggi sono "molto umanizzati": Roberto, con il suo lavoro precario, Minerva, con il suo finto cinismo da "panchina lunga" (in sintesi, vuole sempre avere pronto un "rimpiazzo"), Anna, con la sua sicurezza, Tommaso, con la sua paura di invecchiare (o di vivere?).
Accanto a loro, una carrellata di "comparse", tutte ben caratterizzate: fortunatamente in questo romanzo non c'è nessuna "macchietta", nessun "luogo comune".
Insomma quello di Laudiero è davvero un buon libro d'esordio. L'unica cosa che mi lascia un po' perplessa è lo stile, più simile a una sceneggiatura che a un romanzo vero e proprio. Tuttavia la cosa è giustificata - e giustificabile - dal momento che l'autore appartiene proprio a quel mondo. Di sicuro, se vorranno farne un film, sarà molto semplice adattare questo romanzo al grande o al piccolo schermo. Io me lo aspetto!
Per il momento è tutto.

Biancaneve

venerdì 9 maggio 2014

INTERVISTA A LARA GIORCELLI

Salve lettori, come promesso, ecco l'intervista a Lara Giorcelli, editor della narrativa italiana presso la Sperling & Kupfer. Conosciamola meglio!


BIANCANEVE (B): Buongiorno Lara, ti ringrazio per aver accettato l'intervista e ti do il benvenuto sul mio blog. Tu ricopri il ruolo di editor della narrativa italiana presso la casa editrice Sperling & Kupfer. Qual è stato il tuo iter?
LARA GIORCELLI (LG): Grazie a te! Riguardo alla mia formazione, ho fatto studi umanistici (liceo classico e laurea in lettere). Non ho seguito un percorso formativo specialistico: ho avuto la fortuna sfacciata di iniziare a lavorare in ambito editoriale subito dopo la laurea.

B: Cosa ti affascina maggiormente del tuo mestiere?
LG: Occupandomi di narrativa italiana, il rapporto con l'autore, il lavoro a stretto contatto sono un aspetto che mi appaga molto. Sono sempre molto affascinata dalla capacità creativa delle persone, e il fatto di poter dare un contributo in questo processo mi dà grande soddisfazione. Spero di non risultare retorica: chi scrive desidera essere letto. Poter contribuire a realizzare questo desiderio è gratificante, anche se comporta una grossa responsabilità.

B: Lavorerai sicuramente con dei grossi nomi. Com'è lavorare con autori affermati? Si fanno guidare e consigliare o preferiscono seguire il loro istinto?
LG: Gli autori più esperti, nella maggior parte dei casi, hanno, oltre al talento, una grande professionalità, e questo significa anche una chiara visione dei ruoli. L'editor ha un compito ben preciso, che non è quello di sovrapporsi o prevaricare l'autore, bensì quello di aiutarlo a tirar fuori il meglio dal suo testo. La maieutica socratica è un bel modo per riassumere il concetto.

B: Com'è invece lavorare con esordienti?
LG: Di solito molto emozionante, perché all'entusiasmo dello scrittore che finalmente si vede pubblicato si somma quello dell'editor che in qualche modo l'ha scoperto. E' una bella sfida per entrambi, che comporta anche una grande responsabilità. Nel caso di un autore ancora sconosciuto, infatti, il primo libro è estremamente importante, a volte determinante.

B: In base a cosa scegli di pubblicare un romanzo? Quali sono invece le caratteristiche che ti fanno desiderare di bocciarne un altro?
LG: I criteri di valutazione sono diversi e possono cambiare a seconda delle strategie editoriali del momento. Suona abbastanza ovvio, ma per un editore come Sperling, che mira a un intrattenimento di buona qualità, una trama forte e ben strutturata e una buona scrittura sono fondamentali. Questi sono i requisiti minimi. Sicuramente entra in gioco anche il gusto personale, anche se deve essere severamente sorvegliato. Poi, diciamocelo, ogni editor è alla ricerca di quel libro speciale, quello che ti conquista dalle prime pagine e che poi, quasi magicamente, comincia a suscitare l'interesse dei lettori. Ma quasi mai è una condizione costruita a tavolino, e la maggior parte delle volte è persino imprevedibile.
Anche sulle bocciature influiscono svariati fattori: a volte sono difetti legati a un genere specifico (un thriller con ingenuità di trama, un femminile con personaggi insignificanti o poco empatici, uno storico dall'ambientazione sciatta...), altre volte si tratta di aspetti più generici: una trama banale, o troppo simile ad altri libri di successo, una scrittura troppo compiaciuta. Molti poi amano scrivere romanzi in forma di diario, magari prendendo spunto dalla propria esperienza: non è necessario che tu sia Agassi o Limonov per avere una vita interessante, però questo non vuol dire che la gente voglia leggerne.

B: Ricordi qual è stato il primo libro che hai letto? E quale quello che ti ha influenzata di più?
LG: Il primo libro che ho letto credo sia stato Piccole donne. Da bambina/ragazzina non ero una gran lettrice, ahimè, e mio papà mi aveva promesso una lauta ricompensa se avessi letto per intero Dalla terra alla luna di Jules Verne. Niente, ero insensibile anche alle tangenti. Poi ho scoperto le sorelle March e mi sono riscattata.
Il libro che mi ha influenzata di più direi che è arrivato piuttosto tardi. Si è trattato di Q di Luther Blissett. Forse perché, banalmente, da lì in avanti ho capito cosa mi piace davvero leggere. E poi, va bene, ho amato molto Madame Bovary. Confesso che le storie di amori infelici hanno sempre una certa presa su di me.

B: Da anni il mondo culturale italiano non fa che lamentarsi del fatto che nel nostro Paese si legga poco e spesso la colpa di ciò viene data proprio alle grandi case editrici. Sono loro infatti che controllano quasi tutto il mercato editoriale, che decidono il prezzo dei libri e promuovono gli autori. Cosa ne pensi? In ogni caso quali provvedimenti stanno prendendo le case editrici per risolvere o quanto meno arginare il problema?
LG: C'è una parte di verità in questa analisi. Il mercato librario è sovraccarico, l'offerta è sproporzionata alla domanda e di questo le grandi case editrici sono le principali (ma non uniche) responsabili. Ridurre il numero di novità in uscita sarebbe sicuramente salutare, e ridurrebbe anche il rischio per i lettori di "perdersi" dei libri che meriterebbero attenzione. Credo però che la crisi della lettura sia l'effetto di molti fattori, non ultimo l'alternativa all'intrattenimento che offrono la rete (con i social network, sul gradino più alto del podio), gli smartphone e tutte le loro infinite applicazioni. Anche la tv, con le serie che negli ultimi anni hanno raggiunti livelli qualitativi eccellenti (parlo soprattutto di quelle straniere), sicuramente sottrae tempo ai libri, più di quanto abbia mai fatto il cinema.
In merito ai provvedimenti, di certo c'è da parte degli editori una grande attenzione alle esigenze del pubblico. In un momento di crisi, questo non significa svendere il prodotto, ma offrire il più possibile quello che il lettore cerca. Il migliore dei mondi possibile è quando le esigenze si riesce persino ad anticiparle.

B: Quale consiglio daresti a un aspirante scrittore che cerca di farsi notare dalla Sperling & Kupfer?
LG: So di non dire niente di eccezionale: dovrebbe partorire una storia che abbia elementi di originalità, che non sia l'ennesima replica di cose già viste. Un libro, anche se non è alta letteratura, deve poter regalare qualcosa a chi lo legge, fosse anche solo una frase che ti si appiccica alla memoria perché è andata a colpire nel segno.

martedì 6 maggio 2014

SCONOSCIUTI CHE SI LASCIANO

Salve gente, oggi non farò una recensione, tuttavia vorrei farvi notare un romanzo che ha attirato la mia curiosità, complice un video che sta circolando sul web, girato dallo stesso autore del libro, Simone Laudiero. Il romanzo, una spassosa commedia romantica, si intitola Si lasciano tutti ed è edito dalla casa editrice Sperling & Kupfer. Il romanzo narra la vicenda di Roberto, un trentenne con un imprecisato lavoro di segreteria, che decide di andare a convivere con Sandra, la sua fidanzata storica. Ma la casa in cui si vogliono trasferire appartiene alla nonna di Sandra che, ottantenne, ha deciso di divorziare dal marito, tornando a vivere proprio in quella casa...



Per raccontare brevemente il suo romanzo, Laudiero ha chiesto a ragazzi e ragazze che si erano appena conosciuti di lasciarsi. Da qui il divertente video Sconosciuti che si lasciano per la prima volta, che qui vi posto.


E ora qualche informazione sull'autore. 


Nato "per sbaglio" a Milano nel 1979, in realtà è napoletano di famiglia napoletana. Ha tuttavia studiato a Bologna e a Torino, lavora a Milano e vive a Roma. E' un autore televisivo comico: portano la sua firma Camera caffè, Kubrick e svariati altri programmi. Nel 2011 ha co-fondato la Buoncostume, un gruppo di autori televisivi e web. Celentano lo ritiene "forte".

Per il momento è tutto.

Biancaneve

lunedì 5 maggio 2014

INTERVISTA A MASSIMILIANO COLOMBO

Salve lettori, oggi voglio presentarvi uno scrittore eccezionale. Trattasi di Massimiliano Colombo, di cui vi ho già parlato qualche settimana fa, avendo postato la recensione al suo primo romanzo, La legione degli immortali. Conosciamolo meglio.



BIANCANEVE (B): Buongiorno Massimiliano, grazie per aver accettato di farti intervistare e benvenuto nel mio blog. Leggendo la tua biografia sul tuo sito ufficiale (http://www.massimilianocolombo.eu/) si scopre che hai fatto parte della Brigata Folgore – 2° Btg. Paracadutisti Tarquinia. Ci parli di questa esperienza?
MASSIMILIANO COLOMBO (MC): Durante la visita militare, in un distretto dove si aggiravano uomini in divisa dalle spalle ricurve e abbruttiti dalla noia, ho visto un  sottufficiale che camminava a testa alta, lo sguardo fiero, i modi decisi. Portava un basco amaranto, era un reclutatore della Folgore.
Contrariamente al pensiero dei più, di cercare incarichi comodi e poco lontani da casa, dopo aver visto quel paracadutista io firmai come volontario per scegliere la strada più difficile che si potesse prendere. Volevo mettermi alla prova, volevo quel basco.
Il destino ci mise del suo, fui accettato, quindi arruolato alla Scuola Militare di Paracadutismo e successivamente destinato ai reparti operativi con l’incarico di comandante di squadra di fucilieri paracadutisti.
Quella decisione mi ha reso fiero per tutta la vita. Aver fatto parte dei fucilieri della Folgore, meglio conosciuti come “assaltatori” e aver superato gli addestramenti, i lanci e le pattuglie non è stata un’esperienza facile da affrontare ed è qualcosa che non si può dimenticare. È qualcosa che ti rimane dentro per sempre. Tutt'ora, di fronte a momenti difficili, ricordo a me stesso di essere stato un fuciliere della Folgore.

B: Il tuo incontro con la storia risale a molto prima di imbatterti nella versione estesa del De Bello Gallico di Cesare, da cui ha avuto origine il tuo primo romanzo, L’Aquilifero, poi rivisto e pubblicato come La legione degli immortali. Ricordi come è nata questa passione? Puoi raccontarci un aneddoto?
MC: Se torno indietro a pensare ai miei giochi di bambino, mi rivedo con i soldatini romani ad affrontare battaglie e assedi. Da sempre ho amato i legionari, da sempre ho subito il loro fascino. Non so perché, non c’è una spiegazione, è qualcosa che porto nei miei geni.
A dieci anni ho chiesto ai miei genitori di portarmi a Roma a vedere il Colosseo e la tomba di Cesare. Ricordo che rimasi deluso da quel piccolo ammasso di mattoni e terra, ma, allo stesso tempo, fui affascinato dai fiori e dai biglietti che la gente vi deponeva sopra.
Trentacinque anni dopo sono tornato su quella tomba a lasciare il mio libro in suo onore.

B: Tu pubblichi con una casa editrice importante. Qual è stato il tuo iter?
MC: Ci vorrebbero pagine solo per rispondere a questa domanda. Io ho cominciato a scrivere per puro caso. Ero estraneo al mondo editoriale, ma sentivo di aver fatto un lavoro che meritava la pubblicazione. Cavalcando l’onda dell’entusiasmo, ho cominciato a spedire copie alle case editrici, ma poi, con il passare del tempo e senza ricevere alcuna risposta, ho cominciato a perdere fiducia. Ebbi il primo contatto con un piccolo editore un anno più tardi e sentii finalmente di essere vicino alla meta, fino a quando questi non mi chiese seimila euro per la stampa di duecento copie. Lì capii che tutti potevano pubblicare un libro pagando, indipendentemente dalla qualità dello scritto.
Passarono altri sei mesi prima che mi imbattessi in modo del tutto casuale nel sito web di una casa editrice specializzata in opere prime e decisi di mandare una copia del racconto. Venni contattato nel giro di pochi giorni e mi fu spedito un programma di massima presentato egregiamente. Proponevano una tiratura di duemila copie da distribuire su duecento librerie sparse sul territorio nazionale. La strategia c’era o, per lo meno, era ben presentata, ma l’intera spesa sarebbe stata totalmente a mio carico, che in questo caso triplicava rispetto a quella prima e assurda richiesta nel sottoscala.
Fu quello il momento in cui dissi a me stesso che forse era meglio abbandonare l’idea di scrivere un libro. Non era proprio il caso di affrontare una simile spesa per pubblicare una storia che forse, non avrebbe mai interessato nessuno e, proprio nel giorno in cui decisi di abbandonare, venni contattato dal mio direttore generale che aveva letto il mio libro rimanendone affascinato e, dopo aver sentito la mia storia, aveva deciso di sponsorizzarne la pubblicazione.
Ci vollero altri quattro anni perché una di queste copie finisse nelle mani di un grande editore che ne volle acquisire i diritti per ripubblicarla con un nuovo titolo e un nuovo editing. In tutto quel tempo io non ho mai smesso di scrivere e di crederci.

B: Nei tuoi romanzi ambientazione ricorrente è la Britannia barbara e romana. Un’ambientazione particolare, soprattutto tenendo conto che non ti occupi del ciclo di Artù (come fa invece Jack Whyte con le sue Cronache di Camelot). Come mai questa scelta?
MC: Sono affascinato dal mondo celtico e dall'Inghilterra in genere. Inoltre dobbiamo pensare che ai tempi del primo sbarco di Cesare, la Britannia era per i romani una sorta di pianeta misterioso, remoto e inesplorato, un’isola nascosta dalle nebbie, dove si vociferava di grandi ricchezze ma anche di arti magiche oscure e di nemici terribili. Aver oltrepassato quel braccio di mare è stata un’impresa epica, che noi del terzo millennio possiamo solo lontanamente immaginare.
Dopo i due sbarchi di Cesare, la Britannia è tornata a essere qualcosa di isolato dal mondo romano. Selvaggia, esotica, pericolosa. L’Imperatore Claudio nel secolo successivo ha di nuovo portato le legioni sull'isola, cosa che ha portato all'incontro – scontro di due civiltà agli antipodi. Ciò poi – a mio parere – ha dato origine a qualcosa di grande. Le locali popolazioni celtiche si romanizzarono, nell'attuale Inghilterra, in poche generazioni e, a pacificazione avvenuta, la Britannia divenne un'area dell'Impero romano relativamente felice e sviluppata.

B: In Draco, l’ombra dell’imperatore abbandoni l’epoca tardorepubblicana e dell’inizio dell’impero e, con un salto temporale notevole, ci ritroviamo nel mondo tardoantico, un mondo spesso sottovalutato dagli storici e, ancor più, dagli scrittori di romanzi storici! C’è un motivo particolare che ti ha spinto a considerare questo periodo?
MC: L’idea iniziale di un romanzo sull'imperatore filosofo è nata proprio per cambiare direzione verso la massa dei romanzieri storici dell’antica Roma che sono ormai da tempo stabilizzati tra la tarda età repubblicana e quella imperiale. Ho provato quindi ad esplorare e proporre sentieri relativamente nuovi perché in realtà ci sarebbero mille anni da raccontare e sono tutti affascinanti. Il Tardo Impero è in affetti poco conosciuto, ma non per questo meno avvincente delle epoche precedenti e l’Augusto Giuliano e i suoi contemporanei si sono rilevati personaggi strepitosi, basti pensare che per esigenze di trama, ho volutamente limitato ad una trentina i personaggi che hanno realmente calcato la scena storica, ma avrei potuto metterne il doppio. Devo dire che però in molti tra i conoscenti, hanno storto il naso quando dicevo loro che stavo scrivendo un libro sul tardo impero, perché appunto considerato un periodo decadente. Gli esperti di storia invece, hanno tutti apprezzato la cosa.

B: Lucio Petrosidio, aquilifero della Decima e poi della Quattordicesima ne Le legione degli immortali è un personaggio indimenticabile. Ma ancor di più – a mio modesto parere – lo è Gaio Emilio Rufo, il primipilo. A me fa venire in mente il grande condottiero greco Leonida. C’è qualche attinenza oppure sono completamente fuori strada?
MC: L’attinenza c’è nello spirito guerriero, se vuoi, ma credo che la fortuna di Gaio Emilio Rufo, che tanto ha riscosso successo ne La Legione degli Immortali, sia dovuta al fatto che è un personaggio ispirato a una persona reale, e quindi l’ho potuto descrivere come meglio potevo, perché io l’ho conosciuto e lo conosco bene. Gaio Emilio Rufo è stato il mio comandante di plotone sotto le armi (con un altro nome, ovviamente!). Vi dico solo che in codice era chiamato “Il Diavolo Nero” e l’ho dipinto con gli stessi tratti decisi che lui davvero possiede. È stato un comandante duro, esigente, puntiglioso, voleva il massimo dai suoi, ma dava il massimo. Pretendeva tanto, ma avrebbe fatto da scudo all'ultimo del plotone, anche se questo lo capivi solo alla fine di un lungo percorso di addestramento.

B: Questa è una domanda che volevo porre da molto tempo a uno scrittore. Come si decide di far morire un personaggio che si è creato? Lo si pensa già sapendo quale sarà la sua fine o lo si decide in corso d’opera?
MC: Quando si individua il momento storico da trasporre in un romanzo, si ha già l’idea di ciò che succederà ai personaggi principali. Sai, molti destini sono davvero stati segnati dagli eventi: non potevo inventarmi, ad esempio, una morte diversa per Lucio Petrosidio e per l’Augusto Flavio Claudio Giuliano perché loro sono davvero trapassati in quel modo. La fantasia dello scrittore è, dunque, molto limitata dal rigore storico, ma vi sono poi personaggi secondari che nascono proprio per esigenze di trame e che poi, in effetti, perdono la loro importanza e potrebbero addirittura distrarre il lettore. In quei casi una morte prematura, creata ad hoc, sistema il tutto. Non ti nascondo che per alcuni è quasi un piacere.

B: I tuoi personaggi – e non parlo naturalmente di quelli storicamente esistiti – sono ispirati alla gente che ti sta intorno o ti basi solo sulle tue ricerche storiche per inventarli?
MC: Non ci sono delle regole precise, ogni personaggio è diverso, ti nasce in testa in un modo: alcuni ben chiari e definiti, altri meno. Ne La Legione degli Immortali, per esempio, buona parte del contubernium di Petrosidio aveva le sembianze e gli accenti dei miei compagni di squadra nell'esercito. Ne Il Vessillo di Porpora abbiamo un mix strepitoso dell’antipatico Cato Deciano, che è un personaggio storico che ha commesso delle nefandezze, ma del quale non abbiamo alcun resoconto del suo aspetto fisico. Ho quindi preso un conoscente molto antipatico e l’ho associato e lui nei modi di fare e nella fisionomia. Attenzione quindi a non fare gli antipatici con me, se non volete rischiare di finire nel prossimo libro disarmati contro qualche nerboruto gladiatore.

B: Sempre rimanendo in tema di personaggi, mi incuriosiscono molto i personaggi realmente esistiti. Come si trasporta una figura storica in un personaggio? Come si tratteggia il suo carattere?
MC: Anche in questo caso non c’è una ricetta. Per alcuni la storia è riuscita a tramandarci un’immagine, una statua, una descrizione e anche qualcosa del suo carattere; in questi casi si segue ciò che l’iconografia ci ha tramandato, ma l’immaginazione gioca un ruolo molto importante per quanto riguarda il loro carattere, la voce, i modi di fare. Qui chiaramente mi aiuto con gli esempi di tutti i giorni: un conoscente con la voce profonda o con un particolare tratto somatico.
La cosa strepitosa è che scrivendo ho preso in simpatia o in antipatia i personaggi storici che dovevo descrivere. È un po’ come la prima idea che ti fai di una persona: a volte è quella giusta, a volte no. Ne La Legione degli immortali ero sempre un po’ timoroso di dover fare rapporto nella tenda di Cesare, perché nel mio subconscio è un personaggio severo e autorevole. Ne Il Vessillo di porpora ero ammirato da Svetonio che, al tempo stesso, mi stava molto antipatico, In Draco non vedevo l’ora che Constanzo II morisse, e nel libro su Sertorio ho vissuto una turbolenta convivenza: a inizio libro il generale mi ha molto attratto e affascinato, alla fine non lo reggevo più, guarda caso in linea con ciò che la Storia riporta di lui.

B: Quali sono i tuoi progetti futuri? Possiamo aspettarci un nuovo romanzo? Puoi anticiparci qualcosa?
MC: Sto scrivendo un libro sulla battaglia del Sentino e ne ho pronto un altro sulla campagna di Sertorio in Spagna. Un’idea, questa, che era nel cassetto già prima che cominciassi a scrivere Draco, l’ombra dell’imperatore. Gli scenari e la forte personalità di questo generale, lo rendono una delle figure più controverse e discusse dalla storia di Roma.
Il caso vuole che questa storia sia ambientata in Spagna, un paese che tanta soddisfazione mi sta dando con la versione spagnola de La Legione degli Immortali, edita da Ediciones B, che è già arrivata alla sua terza edizione, traguardo che in Italia non è mai stato raggiunto.

Ed è forse questa la chiave di svolta: nonostante la vagonata di idee, forse la cosa migliore è quella di puntare all'estero, perché, purtroppo, in Italia la nostra Storia interessa davvero poco. E pensare a quanto siamo stati grandi!

TI ASPETTAVO? MEGLIO DI NO!

Salve lettori, voglio dedicare la mia recensione settimanale a uno dei libri peggiori che io abbia letto in quest'ultimo periodo. Mi riferisco - e qui ci sarà sicuramente sorpresa e delusione - a Ti aspettavo di J. Lynn. Come? A voi è piaciuto? Vi ha fatto sognare e versare lacrime? E' la storia d'amore dei vostri sogni? E, soprattutto, lo avete amato perché non è la "solita" storiella, ma racconta una Storia forte e drammatica?
Cioè, sul serio? Abbiamo letto lo stesso libro? Siate un po' più critici, suvvia, per favore!
Volete sapere perché quello che vi è stato spacciato per un romanzo d'Autore non è altro che l'ennesima bufala? Allora proseguite la lettura di questo post.


TRAMA:
Avery Morgansten è fuggita in un'università lontana dal suo paese natale per prendere le distanze dal suo passato. Vorrebbe mantenere un profilo basso, ma naturalmente non può fare a meno di scontrarsi (letteralmente) con il più figo dell'università, Cameron "Cam" Hamilton: occhi azzurri "ammalianti", fisico palestrato, il sogno proibito di tutte le ragazze, insomma.
Ma Avery non può lasciarsi andare con lui, a causa del suo passato. Cosa nasconde questa ragazza di così terribile? E perché non fa che ricevere email minacciose?

RECENSIONE:
Vi prego, basta! Basta con questi romanzetti privi di senso, scritti solo per vendere e per far fare alla coppia un po' di sesso. Insomma, basta!
"La storia d'amore dei vostri sogni", così è stata definita. Perché? Non è difficile da capire. Trama insulsa, mascherata da "storia forte" a causa della violenza sessuale subita da Avery. Avery che, però, è "naturalmente" ancora VERGINE! Okay, obbietterete che ci sono diversi tipi di violenza sessuale, e che non tutte includono necessariamente l'atto. Assolutamente! Ma nel momento in cui la cosa non viene specificata e, soprattutto, nei flashback si vede lui sopra di lei, non c'è molto spazio per ipotesi di questo tipo. Diciamoci la verità, non si tratta di questo. E' solo che raccontare nei dettagli la "prima volta" vende molto di più, l'abbiamo già visto con la "casta" e "pudica" Ana Steel.
Ma poi, vi prego, il loro incontro! Basta dire che la storia inizia con loro due che si scontrano in un corridoio vuoto (cioè, sono ciechi entrambi?) e ovviamente è amore a prima vista (e come potrebbe essere altrimenti?). I personaggi si presentano stereotipati già da qui. Lei è la svampita-traumatizzata, lui il figo-non-tanto-stronzo. Ma insomma! Per non citare i personaggi secondari, fin troppo insulsi per poter essere presi in considerazione.
Unica lancia che posso spezzare a favore di questo "romanzo" (ma sì, chiamiamolo così per comodità) è che quantomeno Avery ha qualche remora la prima volta e si tira indietro, cosa sensata, dal momento che è stata vittima di un abuso (anche se poi non ha nessun problema a masturbarsi, cosa anche quella complicata, se si ha avuto un trauma di quel genere). Inoltre non è scritto male (nel senso che lo stile è buono e scorrevole), ma da qui a osannarlo ce ne passa! 
Ora io vorrei spendere qualche parola sul valore educativo che hanno questi romanzi. Non sono una bacchettona, mi piacciono i romanzi d'amore, specie le commedie romantiche, e non mi scandalizzo di certo per qualche scena osé (non certo dopo aver letto Il Cavaliere d'Inverno, poi...). Ma non sono quelle scene a infastidirmi. E' come è tratteggiato il personaggio di Cam, che mi fa salire il sangue al cervello. Cam, il ragazzo perfetto, quello che ti prepara la colazione ogni domenica mattina anche se non ci stai insieme (ma quando mai??), ha problemi di controllo della rabbia, tanto da aver mandato in come l'ex fidanzato violento della sorella. Okay, passa voler proteggere la sorella, e per questo tutte lo guarderanno adorante e penseranno che vorrebbero anche loro un fratello (o un fidanzato) così, ma sempre di un violento stiamo parlando. E, nella realtà non patinata, una persona del genere a una ragazza la manda prima in ospedale e poi in obitorio. Quindi, ragazze, attente al tipo di uomo che vorreste accanto, perché i tipi così sono molto pericolosi (non lo sono solo nei libri).
Un'ultima cosa. Prima di leggerlo, una ragazza mi aveva avvertita: "prepara i fazzoletti, il libro è meraviglioso e commuovente". Io i fazzoletti li ho usati, sì, ma non per quello che credeva questa ragazza: mi sono serviti per piangere sulla totale decadenza del mondo della letteratura. Certi libri sono davvero improponibili e questo era uno di essi.
Per il momento è tutto.

Biancaneve.